Periodo di formazione formatori, Fier , Albania - Progetto IADSA
Proprio da qualche giorno si è concluso il primo “training” di formazione iniziale a Fier in Albania, dove il Municipio ha edificato una nuova struttura, con l’obiettivo di migliorare qualitativamente ed aumentare quantitativamente l’offerta di servizi rivolta ai minori con disabilità lievi per favorirne l’inclusione sociale. La struttura in questione ospita un Centro Diurno polifunzionale che può contenere circa 100 utenti nella fascia di età 0-18.
ENGIM Emilia Romagna ha il compito per i prossimi due anni di progetto, di formare i formatori albanesi e di confrontarsi con loro nei metodi di lavoro più idonei da utilizzare.
Rita Saviotti, una dei tre formatori che hanno preso parte alla formazione insieme a Ivano Bartolozzi e Patrizia Cazzanti, ci racconta in prima persona la sua esperienza.
Rita: “Conoscevamo l’Albania solo attraverso i racconti delle persone che avevamo incontrato nel corso degli anni, svolgendo il nostro lavoro di formatori presso ENGIM EMILIA ROMAGNA, ed una piccola vaga idea ce l’eravamo fatta sulle caratteristiche di questo paese e dei suoi abitanti. Come spesso accade però, quello che abbiamo trovato è stato abbastanza diverso rispetto alle nostre aspettative. Ci ha accolto un paese che è ancora alla ricerca di se stesso e della propria identità, che sta cercando di ricucire gli strappi e di rielaborare i lutti dovuti a lunghi anni di sofferenza, ma, soprattutto, ci hanno accolto le persone. Ci ha stupito e colpito la grande ospitalità di cui siamo stati oggetto. È una modalità di rapportarsi alle persone che probabilmente noi abbiamo in parte perso. È stato come rituffarsi indietro nel tempo, un tempo in cui ciò che veramente importava era il contatto umano.
La stessa cosa è avvenuta anche per quanto riguarda l’ospitalità ricevuta dai padri giuseppini, dai volontari e dai collaboratori che ci hanno accolto presso la loro casa di Fier con un calore ed un rispetto che forse avevamo dimenticato potesse esserci ancora. Non ci siamo sentiti stranieri ma amici tra amici.
Il motivo del nostro viaggio era dovuto ad un progetto di ENGIM ONG che prevedeva un corso di formazione rivolto agli operatori di un centro diurno per giovani disabili, sorto presso la città di Fier. Quello che dovevamo fare era cercare di raccontare, trasferire ed adattare la nostra esperienza pluriennale in quell’ambito formativo. Lontano da noi era l’idea di sentirci portatori di una verità e di un sapere dogmatico, il nostro approccio è sempre stato ed è di tipo maieutico. Ogni persona ha dentro di sé tutte le potenzialità in essere. Compito dei formatori è facilitarne la nascita. Dentro ognuno di noi, che siamo bimbi, ragazzi o adulti, ci sono già semi di ogni genere, compito del formatore è dissodare un po’ il terreno e portare un poco d’acqua perché sia più agevole al seme poter germogliare e diventare pianta autonoma e robusta, in grado di trarre nutrimento dalle proprie radici. Questo il nostro ruolo e questo ciò che abbiamo cercato di fare.
Non è stato un compito facile anche perché abbiamo dovuto fare i conti con modalità di relazione che risentivano, nella loro immediatezza e spontaneità, di una barriera linguistica in quanto, non conoscendo una parola di albanese, abbiamo dovuto usufruire dell’interprete, soprattutto nelle situazioni di grande gruppo. Negli interventi rivolti a gruppi più ristretti il dialogo è stato facilitato in quanto alcuni educatori conoscevano molto bene la lingua italiana e, di conseguenza, il dialogo è stato più diretto e spontaneo.
Eppure, nonostante le barriere linguistiche, culturali, sociali, storiche che potevano frapporsi tra noi, ci sentiamo di dire che siamo riusciti ad incontrare veramente le persone. Il momento più bello è stato quando ci siamo resi conto che, nonostante il sonoro fosse completamente incomprensibile, ugualmente ci capivamo, insieme eravamo riusciti a creare un canale di comunicazione e comprensione “altro” attraverso cui incontrarci e riconoscerci come persone, unite dallo stesso intento, dalla stessa passione. Facendo leva su questa passione abbiamo lavorato molto sulla formazione del gruppo e sul senso di appartenenza al gruppo cercando di attenuare e utilizzare al meglio le caratteristiche di fierezza, orgoglio e individualismo tipiche di questo popolo.
Oltre all’accoglienza ed all’ospitalità, abbiamo avuto grande aiuto e supporto anche da parte del direttore (Roberto)e del coordinatore del progetto (Piero) in Albania, in particolare con quest’ultimo abbiamo lavorato gomito a gomito creando un team di lavoro operativo quasi 24 ore su 24!”